Ore 18.00 Castello di Lerici.
"Il Porto di Luni e il Golfo della Spezia". Interventi di Luciana Gervasini, Alessandro Chelli, Marta Pappalardo.
di Doris Fresco
L’antico porto di Luni era nel golfo della Spezia o alle foci del Magra? Questa domanda ha introdotto la conferenza che si è tenuta, ieri pomeriggio, 21 Luglio, presso il Castello di Lerici, nell’ambito di MythosLogos, la rassegna sulla cultura e sapienza Greca che sta travolgendo Lerici, grazie allo sforzo appassionato di numerosi artisti, esperti di fama nazionale e il pubblico sempre più numeroso. Ieri sono stati protagonisti l’archeologa Lucia Gervasini, Alessandro Chelli e Marta Pappalardo, rispettivamente dai dipartimenti di scienza della terra di Parma e di Pisa e che hanno presentato la Luni che oggi conosciamo ai suoi albori, Luna, colonia romana: con lo sguardo dell’archeologia abbiamo apprezzato il Portus Lunae di epoca romana, che porta stabilità e pace, crocevia di commercio, visto il transito del marmo diretto a Roma, e base militare in grado di assicurare stabilità per la posizione tattica, confine tra la regione Liguria e la regione Etruria; poi con lo sguardo attento e analitico della Scienza della Terra, con al centro della ricerca il livello del mare. Luni fu terra dei Liguri Apuani, una popolazione che si fa risalire alle età del Ferro e del Bronzo e che era radicata in Lunigiana. Intorno al VII secolo a.C., il Golfo fu conquistato dagli Etruschi, per poi essere riconquistato dai Liguri.
Per prima cosa il Golfo della Spezia e la città di Luni sono stati presentati da Lucia Gervasi fornendo il contesto storico:
“Nel 299 a.C. Domizio Calvino sconfisse i Liguri, alleati dei Cartaginesi e dei Galli, e diede inizio alla dominazione di Roma. I Romani consideravano il golfo spezzino particolarmente adatto per concentrarvi le armate. Nel 215 a.C. il console Manlio Torquato, a capo della flotta romana, mosse guerra ai Sardi partendo dal golfo di Luni. Vent’anni dopo il console M. Porcio Catone lo scelse come base marittima per una spedizione militare in Spagna. La guerra fra i Liguri ed i Romani durò circa 250 anni. Si ha notizia di riconquiste effettuate dai Liguri nel 193 e nel 185 a.C. Nel 177 a.C. i Romani fondarono sul mare, poco a sud del fiume Magra, la colonia di Luna, con duemila coloni ascritti alla tribù Galeria. La grande colonia acquista fin da subito grande rilevanza, grazie al commercio del marmo bianco delle Apuane.
Nonostante un intenso dibattito e molte ricerche di studio, il porto della colonia romana di Luni dal quale transitavano i marmi cavati sulle Alpi Apuane ed utilizzata per la costruzione di molti edifici della città di Roma, non è mai stato localizzato con precisione. Tutto comunque lascia supporre che si trovi all’interno della piana costiera costruita dal Fiume Magra a partire dall’Alto Medioevo fondamentale l’attività interdisciplinare, come dimostrato dalla conferenza di ieri: il rilevamento geomorfologico di dettaglio e alcune analisi di laboratorio finalizzate ad una precisa caratterizzazione dei corpi sedimentari riconosciuti sul terreno congiuntamente alle ricerche archeologiche, hanno fornito numerosi dati, che messi in relazione con le conoscenze sulle caratteristiche ambientali del sito, che conosciamo grazie alla letteratura, hanno consentito di restringere a specifici tratti della piana le aree all’interno delle quali doveva attestarsi la linea di costa in età romana. È dunque in queste aree, che, in futuro, dovrebbe essere focalizzata una più specifica indagine archeologica finalizzata all’identificazione delle strutture portuali della città.
Spiegano Chelli e Pappalardo: “Sulla base degli elementi dedotti da un’attenta analisi della letteratura pregressa relativa alle caratteristiche ambientali della città di Luni antica e grazie al rilevamento geomorfologico di dettaglio realizzato al fine di caratterizzare compiutamente le unità morfologiche presenti nell’area, è stata elaborata una sintesi delle conoscenze che rileva quelli che sono i punti fermi nella ricostruzione delle condizioni ambientali della Piana Lunense in età romana, e che contemporaneamente evidenzia le lacune conoscitive, nell’ottica di una prosecuzione delle ricerche sull’argomento.”
I dati emersi dalle ricerche sono molto importanti: per prima cosa possiamo dire che esiste un cordone dunale, sinora mai segnalato, più antico di quello di Marinella (duna del Renone) non datato, come non datata è la formazione della duna di Marinella. “I dati di letteratura, che indicano nell’area palustre della «Seccagna» la naturale evoluzione di un’insenatura che ospitava uno dei due porti dei quali era dotata la città di Luni, non sono in contrasto con i dati emersi dal nostro lavoro, anche se molte ulteriori informazioni sulla sua estensione e sulla sua natura (estuario fluviale o golfo marino) si potrebbero dedurre da una sua precisa delimitazione nelle tre dimensioni e da una caratterizzazione sedimentologica del suo riempimento. Il corpo sabbioso (barra di estuario o cordone litoraneo) rilevabile a SO della città di Luni (spit, sensu Delano Smith, 1986) attualmente si prolunga verso est sino all’altezza dell’attuale corso del Parmignola, fronteggiando verso mare le mura meridionali della città e giustapponendosi alla base della conoide. In corrispondenza del punto di intersezione delle mura con il cardine massimo, la larghezza del corpo sabbioso risulta di 350 m circa. Tuttavia non si può escludere che al momento di fondazione della colonia di Luni l’estensione di questo corpo fosse inferiore a quella attuale, e che esso abbia continuato ad accrescersi sino a che la progradazione della pianura non lo abbia reso inattivo.”
"Il Porto di Luni e il Golfo della Spezia". Interventi di Luciana Gervasini, Alessandro Chelli, Marta Pappalardo.
di Doris Fresco
L’antico porto di Luni era nel golfo della Spezia o alle foci del Magra? Questa domanda ha introdotto la conferenza che si è tenuta, ieri pomeriggio, 21 Luglio, presso il Castello di Lerici, nell’ambito di MythosLogos, la rassegna sulla cultura e sapienza Greca che sta travolgendo Lerici, grazie allo sforzo appassionato di numerosi artisti, esperti di fama nazionale e il pubblico sempre più numeroso. Ieri sono stati protagonisti l’archeologa Lucia Gervasini, Alessandro Chelli e Marta Pappalardo, rispettivamente dai dipartimenti di scienza della terra di Parma e di Pisa e che hanno presentato la Luni che oggi conosciamo ai suoi albori, Luna, colonia romana: con lo sguardo dell’archeologia abbiamo apprezzato il Portus Lunae di epoca romana, che porta stabilità e pace, crocevia di commercio, visto il transito del marmo diretto a Roma, e base militare in grado di assicurare stabilità per la posizione tattica, confine tra la regione Liguria e la regione Etruria; poi con lo sguardo attento e analitico della Scienza della Terra, con al centro della ricerca il livello del mare. Luni fu terra dei Liguri Apuani, una popolazione che si fa risalire alle età del Ferro e del Bronzo e che era radicata in Lunigiana. Intorno al VII secolo a.C., il Golfo fu conquistato dagli Etruschi, per poi essere riconquistato dai Liguri.
Per prima cosa il Golfo della Spezia e la città di Luni sono stati presentati da Lucia Gervasi fornendo il contesto storico:
“Nel 299 a.C. Domizio Calvino sconfisse i Liguri, alleati dei Cartaginesi e dei Galli, e diede inizio alla dominazione di Roma. I Romani consideravano il golfo spezzino particolarmente adatto per concentrarvi le armate. Nel 215 a.C. il console Manlio Torquato, a capo della flotta romana, mosse guerra ai Sardi partendo dal golfo di Luni. Vent’anni dopo il console M. Porcio Catone lo scelse come base marittima per una spedizione militare in Spagna. La guerra fra i Liguri ed i Romani durò circa 250 anni. Si ha notizia di riconquiste effettuate dai Liguri nel 193 e nel 185 a.C. Nel 177 a.C. i Romani fondarono sul mare, poco a sud del fiume Magra, la colonia di Luna, con duemila coloni ascritti alla tribù Galeria. La grande colonia acquista fin da subito grande rilevanza, grazie al commercio del marmo bianco delle Apuane.
Nonostante un intenso dibattito e molte ricerche di studio, il porto della colonia romana di Luni dal quale transitavano i marmi cavati sulle Alpi Apuane ed utilizzata per la costruzione di molti edifici della città di Roma, non è mai stato localizzato con precisione. Tutto comunque lascia supporre che si trovi all’interno della piana costiera costruita dal Fiume Magra a partire dall’Alto Medioevo fondamentale l’attività interdisciplinare, come dimostrato dalla conferenza di ieri: il rilevamento geomorfologico di dettaglio e alcune analisi di laboratorio finalizzate ad una precisa caratterizzazione dei corpi sedimentari riconosciuti sul terreno congiuntamente alle ricerche archeologiche, hanno fornito numerosi dati, che messi in relazione con le conoscenze sulle caratteristiche ambientali del sito, che conosciamo grazie alla letteratura, hanno consentito di restringere a specifici tratti della piana le aree all’interno delle quali doveva attestarsi la linea di costa in età romana. È dunque in queste aree, che, in futuro, dovrebbe essere focalizzata una più specifica indagine archeologica finalizzata all’identificazione delle strutture portuali della città.
Spiegano Chelli e Pappalardo: “Sulla base degli elementi dedotti da un’attenta analisi della letteratura pregressa relativa alle caratteristiche ambientali della città di Luni antica e grazie al rilevamento geomorfologico di dettaglio realizzato al fine di caratterizzare compiutamente le unità morfologiche presenti nell’area, è stata elaborata una sintesi delle conoscenze che rileva quelli che sono i punti fermi nella ricostruzione delle condizioni ambientali della Piana Lunense in età romana, e che contemporaneamente evidenzia le lacune conoscitive, nell’ottica di una prosecuzione delle ricerche sull’argomento.”
I dati emersi dalle ricerche sono molto importanti: per prima cosa possiamo dire che esiste un cordone dunale, sinora mai segnalato, più antico di quello di Marinella (duna del Renone) non datato, come non datata è la formazione della duna di Marinella. “I dati di letteratura, che indicano nell’area palustre della «Seccagna» la naturale evoluzione di un’insenatura che ospitava uno dei due porti dei quali era dotata la città di Luni, non sono in contrasto con i dati emersi dal nostro lavoro, anche se molte ulteriori informazioni sulla sua estensione e sulla sua natura (estuario fluviale o golfo marino) si potrebbero dedurre da una sua precisa delimitazione nelle tre dimensioni e da una caratterizzazione sedimentologica del suo riempimento. Il corpo sabbioso (barra di estuario o cordone litoraneo) rilevabile a SO della città di Luni (spit, sensu Delano Smith, 1986) attualmente si prolunga verso est sino all’altezza dell’attuale corso del Parmignola, fronteggiando verso mare le mura meridionali della città e giustapponendosi alla base della conoide. In corrispondenza del punto di intersezione delle mura con il cardine massimo, la larghezza del corpo sabbioso risulta di 350 m circa. Tuttavia non si può escludere che al momento di fondazione della colonia di Luni l’estensione di questo corpo fosse inferiore a quella attuale, e che esso abbia continuato ad accrescersi sino a che la progradazione della pianura non lo abbia reso inattivo.”
Ore 18.00 Castello di Lerici
Inaugurazione della Mostra di Tallone Editore Alle fonti della classicità. Esposizione di edizioni composte a mano nell'atelier tipografico più prestigioso d'Europa.
La mostra resterà aperte fino al 17 agosto. Orari di apertura al pubblico: da martedì a domenica dalle 10.30 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00
Inaugurazione della Mostra di Tallone Editore Alle fonti della classicità. Esposizione di edizioni composte a mano nell'atelier tipografico più prestigioso d'Europa.
La mostra resterà aperte fino al 17 agosto. Orari di apertura al pubblico: da martedì a domenica dalle 10.30 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00
Mythos e Logos: archetipi della sapienza e modelli della scienza. Lectio magistralis di Valerio Meattini
Di Doris Fresco
“Oggi non si legge più il mondo con gli occhi con cui è stato scritto, ma si cerca un nuovo linguaggio capace di imbrogliare la realtà: formuliamo nuovi modelli e vediamo quanta realtà riescono a catturare.” Con queste parole potrebbe essere riassunto il nuovo paradigma della scienza, spiegato ieri sera durante una Lectio Magistralis tenuta all’interno di MythosLogos da Valerio Meattini, ordinario di Filosofia della mente e Filosofia teoretica all’Università di Bari.
Grande affluenza di pubblico, come sottolineato dall’introduzione di Angelo Tonelli: “ho notato con piacere come un gran numero di persone si sia avvicinata a MythosLogos, anche per seguire le conferenze meno popolari. Un atteggiamento non scontato e da non sottovalutare, quando si parla di cultura.”
Si suppone che la filosofia nasca dalla contrapposizione tra Mythos e il Logos, ma esiste davvero una distinzione netta tra i due termini? Come spiegato da Meattini, in Platone, ma non solo nel suo linguaggio, i due termini spesso si sovrappongono, lasciando intuire che la sapienza e la virtù della conoscenza, non possono essere tradotti in una parola. La consapevolezza del mondo, come insegna Platone nei dialoghi, è soprattutto derivante dalla passione per la ricerca: esempio calzante il dialogo tra Socrate e Menone, che chiede insistentemente se possa essere o no insegnata la virtù. Attraverso un esperimento e un procedimento tipico dello stile socratico, viene dimostrato come la conoscenza vera passi attraverso l’esperienza diretta. Socrate disegna un quadrato e chiede ad uno schiavo di Menone di trovare un’area che misuri esattamente il doppio di questa. È solo dopo numerosi tentativi che la soluzione diviene palese. Ci si domanda dunque: non sarebbe stato lo stesso se Socrate avesse spiegato subito il procedimento esatto da adottare? “L’insegnamento deve passare attraverso l’esperienza, solo così avverrà il vero scopo della conoscenza, una trasformazione dell’uomo.” Se lo schivo non avesse vissuto direttamente l’esperienza, avrebbe avuto la risposta da Socrate, ma non ne sarebbe stato convinto. Per questi motivi nella filosofia platonica vengono utilizzati e accettati i miti: ben vengano, se portano con loro una trasformazione dell’anima. Lo scopo ultimo è quello di scatenare la passione per la ricerca, così da guardare il sapere e crescere ancora, volendone sempre di più. Ecco il vero archetipo della sapienza.
Agli albori della scienza moderna, Cartesio, Galileo e i loro contemporanei, hanno fatto derivare le grandi scoperte anche dai grandi insegnamenti della sapienza ellenica, si trattava solo di trovare il linguaggio giusto che potesse spiegare la grande natura umana, che, ad esempio in Galileo, era il linguaggio della matematica. Oggi invece ci troviamo di fronte ad una scienza nuova, contemporanea e che molto si distacca dal vecchio modello. Oggi il paradigma è del tutto diverso e la scienza diviene controintuitiva. Per questi motivi quella che prima era la distanza minima tra due punti era una retta ora è una curva.
Ovviamente è stata una conferenza ricca di spunti e di questioni che varrebbe la pena approfondire.
La serata è stata piacevole anche per la presenza di una musicista di grande talento che con la sua fisarmonica classica ha scandito l’intera serata: Ylenia Volpe, grande artista che ha saputo suscitare nel pubblico forti e deliziose sensazioni.
Di Doris Fresco
“Oggi non si legge più il mondo con gli occhi con cui è stato scritto, ma si cerca un nuovo linguaggio capace di imbrogliare la realtà: formuliamo nuovi modelli e vediamo quanta realtà riescono a catturare.” Con queste parole potrebbe essere riassunto il nuovo paradigma della scienza, spiegato ieri sera durante una Lectio Magistralis tenuta all’interno di MythosLogos da Valerio Meattini, ordinario di Filosofia della mente e Filosofia teoretica all’Università di Bari.
Grande affluenza di pubblico, come sottolineato dall’introduzione di Angelo Tonelli: “ho notato con piacere come un gran numero di persone si sia avvicinata a MythosLogos, anche per seguire le conferenze meno popolari. Un atteggiamento non scontato e da non sottovalutare, quando si parla di cultura.”
Si suppone che la filosofia nasca dalla contrapposizione tra Mythos e il Logos, ma esiste davvero una distinzione netta tra i due termini? Come spiegato da Meattini, in Platone, ma non solo nel suo linguaggio, i due termini spesso si sovrappongono, lasciando intuire che la sapienza e la virtù della conoscenza, non possono essere tradotti in una parola. La consapevolezza del mondo, come insegna Platone nei dialoghi, è soprattutto derivante dalla passione per la ricerca: esempio calzante il dialogo tra Socrate e Menone, che chiede insistentemente se possa essere o no insegnata la virtù. Attraverso un esperimento e un procedimento tipico dello stile socratico, viene dimostrato come la conoscenza vera passi attraverso l’esperienza diretta. Socrate disegna un quadrato e chiede ad uno schiavo di Menone di trovare un’area che misuri esattamente il doppio di questa. È solo dopo numerosi tentativi che la soluzione diviene palese. Ci si domanda dunque: non sarebbe stato lo stesso se Socrate avesse spiegato subito il procedimento esatto da adottare? “L’insegnamento deve passare attraverso l’esperienza, solo così avverrà il vero scopo della conoscenza, una trasformazione dell’uomo.” Se lo schivo non avesse vissuto direttamente l’esperienza, avrebbe avuto la risposta da Socrate, ma non ne sarebbe stato convinto. Per questi motivi nella filosofia platonica vengono utilizzati e accettati i miti: ben vengano, se portano con loro una trasformazione dell’anima. Lo scopo ultimo è quello di scatenare la passione per la ricerca, così da guardare il sapere e crescere ancora, volendone sempre di più. Ecco il vero archetipo della sapienza.
Agli albori della scienza moderna, Cartesio, Galileo e i loro contemporanei, hanno fatto derivare le grandi scoperte anche dai grandi insegnamenti della sapienza ellenica, si trattava solo di trovare il linguaggio giusto che potesse spiegare la grande natura umana, che, ad esempio in Galileo, era il linguaggio della matematica. Oggi invece ci troviamo di fronte ad una scienza nuova, contemporanea e che molto si distacca dal vecchio modello. Oggi il paradigma è del tutto diverso e la scienza diviene controintuitiva. Per questi motivi quella che prima era la distanza minima tra due punti era una retta ora è una curva.
Ovviamente è stata una conferenza ricca di spunti e di questioni che varrebbe la pena approfondire.
La serata è stata piacevole anche per la presenza di una musicista di grande talento che con la sua fisarmonica classica ha scandito l’intera serata: Ylenia Volpe, grande artista che ha saputo suscitare nel pubblico forti e deliziose sensazioni.
Le foto sono di Doris Fresco