Ore 21.30 Palco della Rotonda - Giardini Lerici
Deus Absconditus, ovvero l'irresistibile permanenza di Dioniso. Conferenza di Gabriele La Porta
di Solange Passalacqua
La parola greca ἐνθουσιασμός (enthousiasmós) deriva dal verbo ἐνϑουσιάζω, essere ispirato, contenente il lemma ἔνϑεος, composto di ἐν, in, e ϑεός, dio, il dio dentro.
Il termine entusiasmo si ritrova in particolare nella cultura greca antica per indicare la condizione di esaltazione o di eccitazione fisica e psichica di chi affermava o mostrava la presenza di un dio nella sua persona tale da renderlo folle. La follia per il mondo antico non doveva essere considerata inevitabilmente un male ma al contrario era comunemente ritenuta «un dono degli Dei», concesso ai pochi che raggiungevano così uno stato di delirio creativo.
Avere entusiasmo, dunque, significa essere attraversati dagli Dei.
Ho pensato a questa parola ascoltando Gabriele La Porta, venerdì sera, durante il suo intervento a MythosLogos, sicuramente il più singolare dell'intera manifestazione.
Avrebbe dovuto parlare di Dioniso, divinità forse nascosta come suggerisce il titolo, ma comunque permanente, invece ci ha parlato di Sapienza, di Sufismo, di Bellezza e Poesia, di Amore e Purezza, con una luce e un calore, propri solo di chi si entusiasma. E allora ecco che Dioniso si manifesta, è lì sul palco e pervade ogni cosa, è nella persona che parla, ma anche in chi lo ascolta.
Il primo pensiero che ci viene trasferito (La Porta usa spesso questo verbo, quasi come se dovesse lasciarci un oggetto in custodia, un passaggio di testimone, da conservare) riguarda Giorgio Colli, il filosofo autore di numerosi saggi sulla filosofia e sulla Sapienza dei Greci antichi. G. racconta di avere avuto da lui in dono "La Sapienza greca", con questa dedica: "A Gabriele La Porta, alunno dei Misteri". In uno dei suoi numerosi slanci dionisiaci, lo scrittore afferma che la lettura di questo libro è quasi obbligatoria, dal momento che accostarsi alla Sofia è semplice, mentre più difficile è il rapporto con la Filo-Sofia, l'amicizia per la Sapienza. Non è necessario avere studiato filosofia per leggere un testo simile, bisogna solo avere aperto il cuore. "Fare anima", come diceva Hillmann.
"La Sapienza in se e per se è qualcosa che appaga se stessa, che riesce a lenire le ferite più atroci, i dolori più cupi, gli abbandoni più assoluti. Sofia è davvero un modo di esistere, un modo con cui si può percepire concretamente che esiste una realtà altra".
La Sapienza, secondo La Porta, è la capacità incommensurabile di comprendere nel profondo del cuore gli esseri umani.
Da questa affermazione scaturiscono una serie di immagini, memorabili, che lo scrittore restituisce attraverso la lettura di liriche o brevi passi o frammenti che, lo si capisce dal suo entusiasmo (ancora una volta questa parola!), ha radicati dentro, fin nel profondo. Sono diventati ormai il suo modo di esistere.
Parla dei sufisti, filosofi che noi abbiamo scambiato addirittura per poeti, tanto sono belle le parole che hanno scritto. Ma erano molto più di questo, erano Sofoi, Sapienti. Così ascoltiamo le parole di Ibn al Arabi e di Rumi, grandi pensatori e filosofi sufi, capaci di instillare, in coloro che ascoltano o leggono le loro liriche, un soffio che è vicino al divino.
Chi non fa provviste di tramonto
chi non ha gioia per gli altri
chi non fa dell'amore il suo fine
è destinato a perdersi.
Parla delle Baccanti di Euripide, le sacerdotesse di Dioniso, che rappresentano la gioia fine a se stessa, la capacità di cambiare mentre si è in vita, di mutare se stessi mentre si sta pregustando la vita. Le Baccanti ammaliano, prendono, circondano. Restituiscono vita con forza dionisiaca. La Porta ci racconta la storia del pastore che spia le Baccanti in estasi, strette in un cerchio al cui centro c'è un bambinetto dai riccioli d'oro. Questo bambino scorge il pastore e gli fa cenno affinchè entri nel cerchio e prenda parte al delirio bacchico. Il pastore si avvicina, sempre più, e mentre si muove, il bambino si sfila un capello d'oro e lo poggia sul collo del pastore. Questi fa ancora un passo e muore soffocato da se stesso. Si è immolato in mezzo alle Baccanti e ne farà parte permanentemente. E quella che sembra una tragedia, la morte, in realtà diventa una totale resurrezione.
Bisogna attraversare, entrare!
Legge dal libro di Colli:
Beato colui che ha un buon demone
e conoscendo l'iniziazione degli dei
vive santamente, introduce la sua anima
nella sfera dionisiaca,
infuriando sulle montagne.
E ancora:
Raggiunsi il confine della Morte,
dopo avere varcato il confine di Proserpina,
fui condotto attraverso tutti gli elementi
e tornai indietro
a metà della notte
vidi un sole lampeggiante.
Non si ha la sensazione di essere in conosonanza con una musica,(ri)suonata chissà dove, leggendo questi brevi frammenti? Partecipi di una verità nascosta, intima, che non sappiamo dire a parole, ma che conosciamo tanto bene.
I versi scritti sono doni e via via che li leggiamo, che facciamo loro spazio e, al contempo, ci espandiamo, la realtà attorno a noi cambia. Proprio in questo particolare momento storico è necessario riunirsi in nome della Poesia e dell'Amore, non semplici parole, ma stati dell'animo.
La cosa peggiore è lasciarsi ingannare, anzi la cosa peggiore è non lasciarsi ingannare.
Chi è sempre prevenuto, spaventato dall'inganno non potrà mai crescere e cambiare. Chi invece cade talvolta preda dell'inganno, senza sospetto, vive con animo puro e immortale.
Penso a Dioniso e all'inganno architettato dai Titani, per sconfiggerlo e ucciderlo. Lo specchio è preso da Dioniso consapevolmente, lui vi vede riflessi i giganti che lo stanno per massacrare. Ma si abbandona a questa verità, viene smembrato e ritorna sotto forma di essere umano.
Un'ultima importante annotazione: La Porta ha chiesto espressamente che durante il suo intervento, in sottofondo, rimanesse una canzone greca. Ho scoperto che la canzone in questione si intitola "Arnisi" (Άρνηση), il rifiuto. Musicata da Theodorakis, la lirica appartiene al poeta Seferis, che nel 1967 scrisse quest'ode contro la tirannia dei colonnelli. In seguito, durante il funerale del poeta questa canzone venne cantata a gran voce dalla folla, trasformando il corteo in una manifestazione antimilitare. Il regime bandì questa poesia, che da allora divenne simbolo della resistenza greca.
Su di una spiaggia segreta
bianca come una colomba
morivamo di sete
ma l'acqua era salata.
Sulla spiaggia dorata
scrivemmo il suo nome
ma venne la bella brezza dal mare e cancellò le parole
Con quale spirito, quale animo,
quale desiderio e quale passione
afferrammo la nostre vite: un errore!
Così cambiammo la nostre vite..
Deus Absconditus, ovvero l'irresistibile permanenza di Dioniso. Conferenza di Gabriele La Porta
di Solange Passalacqua
La parola greca ἐνθουσιασμός (enthousiasmós) deriva dal verbo ἐνϑουσιάζω, essere ispirato, contenente il lemma ἔνϑεος, composto di ἐν, in, e ϑεός, dio, il dio dentro.
Il termine entusiasmo si ritrova in particolare nella cultura greca antica per indicare la condizione di esaltazione o di eccitazione fisica e psichica di chi affermava o mostrava la presenza di un dio nella sua persona tale da renderlo folle. La follia per il mondo antico non doveva essere considerata inevitabilmente un male ma al contrario era comunemente ritenuta «un dono degli Dei», concesso ai pochi che raggiungevano così uno stato di delirio creativo.
Avere entusiasmo, dunque, significa essere attraversati dagli Dei.
Ho pensato a questa parola ascoltando Gabriele La Porta, venerdì sera, durante il suo intervento a MythosLogos, sicuramente il più singolare dell'intera manifestazione.
Avrebbe dovuto parlare di Dioniso, divinità forse nascosta come suggerisce il titolo, ma comunque permanente, invece ci ha parlato di Sapienza, di Sufismo, di Bellezza e Poesia, di Amore e Purezza, con una luce e un calore, propri solo di chi si entusiasma. E allora ecco che Dioniso si manifesta, è lì sul palco e pervade ogni cosa, è nella persona che parla, ma anche in chi lo ascolta.
Il primo pensiero che ci viene trasferito (La Porta usa spesso questo verbo, quasi come se dovesse lasciarci un oggetto in custodia, un passaggio di testimone, da conservare) riguarda Giorgio Colli, il filosofo autore di numerosi saggi sulla filosofia e sulla Sapienza dei Greci antichi. G. racconta di avere avuto da lui in dono "La Sapienza greca", con questa dedica: "A Gabriele La Porta, alunno dei Misteri". In uno dei suoi numerosi slanci dionisiaci, lo scrittore afferma che la lettura di questo libro è quasi obbligatoria, dal momento che accostarsi alla Sofia è semplice, mentre più difficile è il rapporto con la Filo-Sofia, l'amicizia per la Sapienza. Non è necessario avere studiato filosofia per leggere un testo simile, bisogna solo avere aperto il cuore. "Fare anima", come diceva Hillmann.
"La Sapienza in se e per se è qualcosa che appaga se stessa, che riesce a lenire le ferite più atroci, i dolori più cupi, gli abbandoni più assoluti. Sofia è davvero un modo di esistere, un modo con cui si può percepire concretamente che esiste una realtà altra".
La Sapienza, secondo La Porta, è la capacità incommensurabile di comprendere nel profondo del cuore gli esseri umani.
Da questa affermazione scaturiscono una serie di immagini, memorabili, che lo scrittore restituisce attraverso la lettura di liriche o brevi passi o frammenti che, lo si capisce dal suo entusiasmo (ancora una volta questa parola!), ha radicati dentro, fin nel profondo. Sono diventati ormai il suo modo di esistere.
Parla dei sufisti, filosofi che noi abbiamo scambiato addirittura per poeti, tanto sono belle le parole che hanno scritto. Ma erano molto più di questo, erano Sofoi, Sapienti. Così ascoltiamo le parole di Ibn al Arabi e di Rumi, grandi pensatori e filosofi sufi, capaci di instillare, in coloro che ascoltano o leggono le loro liriche, un soffio che è vicino al divino.
Chi non fa provviste di tramonto
chi non ha gioia per gli altri
chi non fa dell'amore il suo fine
è destinato a perdersi.
Parla delle Baccanti di Euripide, le sacerdotesse di Dioniso, che rappresentano la gioia fine a se stessa, la capacità di cambiare mentre si è in vita, di mutare se stessi mentre si sta pregustando la vita. Le Baccanti ammaliano, prendono, circondano. Restituiscono vita con forza dionisiaca. La Porta ci racconta la storia del pastore che spia le Baccanti in estasi, strette in un cerchio al cui centro c'è un bambinetto dai riccioli d'oro. Questo bambino scorge il pastore e gli fa cenno affinchè entri nel cerchio e prenda parte al delirio bacchico. Il pastore si avvicina, sempre più, e mentre si muove, il bambino si sfila un capello d'oro e lo poggia sul collo del pastore. Questi fa ancora un passo e muore soffocato da se stesso. Si è immolato in mezzo alle Baccanti e ne farà parte permanentemente. E quella che sembra una tragedia, la morte, in realtà diventa una totale resurrezione.
Bisogna attraversare, entrare!
Legge dal libro di Colli:
Beato colui che ha un buon demone
e conoscendo l'iniziazione degli dei
vive santamente, introduce la sua anima
nella sfera dionisiaca,
infuriando sulle montagne.
E ancora:
Raggiunsi il confine della Morte,
dopo avere varcato il confine di Proserpina,
fui condotto attraverso tutti gli elementi
e tornai indietro
a metà della notte
vidi un sole lampeggiante.
Non si ha la sensazione di essere in conosonanza con una musica,(ri)suonata chissà dove, leggendo questi brevi frammenti? Partecipi di una verità nascosta, intima, che non sappiamo dire a parole, ma che conosciamo tanto bene.
I versi scritti sono doni e via via che li leggiamo, che facciamo loro spazio e, al contempo, ci espandiamo, la realtà attorno a noi cambia. Proprio in questo particolare momento storico è necessario riunirsi in nome della Poesia e dell'Amore, non semplici parole, ma stati dell'animo.
La cosa peggiore è lasciarsi ingannare, anzi la cosa peggiore è non lasciarsi ingannare.
Chi è sempre prevenuto, spaventato dall'inganno non potrà mai crescere e cambiare. Chi invece cade talvolta preda dell'inganno, senza sospetto, vive con animo puro e immortale.
Penso a Dioniso e all'inganno architettato dai Titani, per sconfiggerlo e ucciderlo. Lo specchio è preso da Dioniso consapevolmente, lui vi vede riflessi i giganti che lo stanno per massacrare. Ma si abbandona a questa verità, viene smembrato e ritorna sotto forma di essere umano.
Un'ultima importante annotazione: La Porta ha chiesto espressamente che durante il suo intervento, in sottofondo, rimanesse una canzone greca. Ho scoperto che la canzone in questione si intitola "Arnisi" (Άρνηση), il rifiuto. Musicata da Theodorakis, la lirica appartiene al poeta Seferis, che nel 1967 scrisse quest'ode contro la tirannia dei colonnelli. In seguito, durante il funerale del poeta questa canzone venne cantata a gran voce dalla folla, trasformando il corteo in una manifestazione antimilitare. Il regime bandì questa poesia, che da allora divenne simbolo della resistenza greca.
Su di una spiaggia segreta
bianca come una colomba
morivamo di sete
ma l'acqua era salata.
Sulla spiaggia dorata
scrivemmo il suo nome
ma venne la bella brezza dal mare e cancellò le parole
Con quale spirito, quale animo,
quale desiderio e quale passione
afferrammo la nostre vite: un errore!
Così cambiammo la nostre vite..